Dal 2017 la strada per la progettazione di uteri artificiali è stata spianata…
Il 25 Aprile 2017 il quotidiano “LaRepubblica” titolava: «Creato l’utero artificiale per i nati prematuri», spiegando ai lettori come il Children’s Hospital di Philadelphia fosse riuscito nell’ardua impresa di costruire una struttura artificiale in grado di condurre alla fine della gestazione feti prematuri nati dalla 23° settimana di vita. Lo studio è stato avvallato dalla comunità scientifica internazionale e pubblicato su Nature Communications.
Un primo passo per raggiungere l’obiettivo finale, la creazione di un utero artificiale in grado di portare a termine, fin dalle prime fasi embrionali, una gestazione umana completa.

Nell’articolo di “La Repubblica” si poteva leggere : «Ha il suo liquido amniotico che permette di respirare attraverso i polmoni e il cordone ombelicale che consente di filtrare il sangue dopo che ha nutrito i tessuti. È stato testato su alcuni agnelli per quattro settimane e li ha accompagnati nella loro crescita fetale. Il suo limite principale è di non essere adatto a tutte le fasi della gestazione, ma solo a quelle intermedie e finali».
Utero artificiale: cos’è e come funziona
L’utero artificiale è un contenitore riempito con un fluido che mima il liquido amniotico e passa attraverso i polmoni come avviene nell’utero naturale. La temperatura è regolata e costante. L’ambiente è completamente sterile. Il cuore del feto pompa il sangue attraverso il cordone ombelicale, dove un apparecchio lo filtra, lo arricchisce di ossigeno e lo ripulisce dall’anidride carbonica come farebbe la placenta.
Dei feti fatti crescere attraverso questo avveniristico sistema, uno è ancora in vita (gli altri purtroppo sono stati soppressi per studiare gli effetti della gestazione extra-uterina sull’organismo dell’animale) ed ha superato l’età di un anno apparentemente senza nessuna tipologia di problema.
Questo ha portato i ricercatori a ritenere altamente plausibile la creazione di un utero artificiale nel prossimo decennio in grado di condurre allo sviluppo di un individuo completo dall’embrione alla nascita.
Perché questo argomento, eticamente e moralmente alquanto controverso, desta la nostra attenzione?
La risposta risiede nei nostri amati testi sanscriti in cui viene narrata una storia alquanto similare a quanto fino ad ora presentato.
Mahabharata: un esempio ante litteram?
La tecnica descritta sembra ricalcare quanto utilizzato dal leggendario saggio Vyasa per generare i 100 fratelli Kaurawa (detti anche “Dhartarastra”) e la loro sorella Dusshala, potenti combattenti impiegati nella guerra epica del Mahabharata.
Però, prima di vedere come nacquero questi guerrieri, si rende necessaria una piccola digressione fondamentale nella comprensione della vicenda: la guerra dei Bharata, descritta nel maestoso poema epico del Mahabharata, vide fronteggiarsi la famiglia dei cento Kaurava e quella dei loro cinque cugini, gli spodestati Pandava.
Questi ultimi erano stati costretti all’esilio con l’inganno e si trovarono indotti a chiedere udienza al re kaurava Duryodhana al fine di poter riacquisire una terra su cui regnare, in quanto solo coloro che appartenevano alla casta guerriera (Ksatrya) possedevano il diritto/dovere di svolgere funzioni di governo o di guerra. Duryodhana negò loro questa richiesta e ai Pandava non rimase altra scelta che la guerra.
La lotta si protrasse per molti anni, ma lo scontro culminò nella grande battaglia di Kurukshetra, durata diciotto giorni e raccontata proprio nel poema epico indiano del Mahabharata.
La tradizione vuole che questi eventi si fossero verificati nel XXXII secolo a.C. ovvero, secondo la calendarizzazione moderna, nel 3200 a.C.
L’Epilogo dello scontro vide la morte di tutti i Kaurava, fondamentalmente perché non avevano riconosciuto la natura divina di Krishna di cui i Pandava erano, invece, devoti.
Una volta sconfitto il re Duryodhana, il pandava Yudhisthira fu incoronato, ma questi abdicò ritirandosi a vita ascetica con i suoi fratelli e in favore dell’eroe Arjuna.
Dopo questa breve digressione “mitologica” è interessante leggere come nacquero i cento fratelli Kaurava. Gandhari rimase incinta in modo naturale da suo marito Dhrutarashtra, tuttavia, dopo nove mesi di gestazione, non era riuscita a partorire suo figlio.
In quel momento Kunti diede alla luce suo figlio Yudhishthira. Gandhari si adirò profondamente in quanto suo figlio aveva perso, come primogenito, il diritto al trono. Passarono due anni e Gandhari ancora non era riuscita a partorire e, colma di rabbia, la regina decise di abortire ma ciò che si presentò davanti ai suoi occhi non era un feto ma una massa di cellule viventi “grigie” che non possedevano alcun aspetto umano.
Appena il saggio Vyasa ebbe notizia dell’aborto, raggiunse immediatamente la donna chiedendole di poter prendere quanto allontanato dal suo corpo. Vyasa quindi divise attentamente questa massa che ripose in delle “Ghruta Kumbha”.
Questo termine non identifica una normale giara contenente dell’olio Ghee: “ghruta” indica un elemento nutriente che fornisce energia vitale mentre il termine “kumbha” identifica un tipo particolare di giara che, a livello simbolico, nell’induismo ha sempre rappresentato l’utero, la fertilità, la vita e il potere generativo degli esseri umani.
Una rappresentazione fedele a quanto descritto potrebbe identificare le ghruta kumbha come delle “urne nutrienti” per sviluppare la vita.
Vyasa divise e pose i 101 frammenti della massa allontanata da Gandhari (Mahabharata, Sambhava Parva, sez. CXV) in questi particolari contenitori che “generarono” i cento Kaurava (Mahabharata, cap. 6, “Nascita dei Pandava e Kaurava”) e la loro sorella Dusshala.
Primo ministro indiano: “La genetica esisteva già in tempi antichi”
Dulcis in fundo, il 28 ottobre 2014 il quotidiano inglese “The Guardian” riportava una notizia sconcertante titolando un suo articolo: «Il primo ministro indiano sostiene che la genetica esisteva già in tempi antichi».
Il sottotitolo recitava: «Narendra Modi, primo ministro indiano, afferma che la chirurgia estetica e la genetica riproduttiva sono esistite migliaia di anni fa».

La stessa notizia veniva ripresa dal quotidiano ad ampia diffusione “The Hindu” il 30 ottobre successivo: «Possiamo sentirci orgogliosi di ciò che il nostro Paese ha raggiunto nel campo della scienza medica in un remoto passato. Abbiamo tutti letto nel Mahabharata di Karna e se ci riflettiamo ci renderemo conto come non fosse nato dal grembo di sua madre e questa è una prova che la scienza della genetica era già presente».
Quali motivazioni potevano aver spinto una figura così influente e potente a esternare dichiarazioni di questo tipo?
Indubbiamente si potrà obiettare che il nazionalismo promosso da Modi potesse aver avuto qualche influenza su tali dichiarazioni, ma la realtà più stringente e diretta è il fatto che sono gli stessi testi sacri indiani a fornirci documentazioni in tal senso circostanziando, in taluni casi, queste realtà con un livello di dettaglio a dir poco sconcertante.
È possibile che il mito nasconda di più?
In questa breve panoramica, volutamente incentrata solo su alcuni elementi di un panorama estremamente più vasto, abbiamo potuto vedere come il “mito” talvolta travalichi e sorpassi l’invenzione letteraria e fornisca, invece, elementi sostanziali per suffragare ipotesi ritenute fino a oggi inverosimili.
Negare la possibilità per il semplice motivo di non accettare un’ipotesi così “estrema” è segno di arretratezza e ottusità mentale.
Non dobbiamo pensare come individui, ma come specie umana. Non dobbiamo ancorarci alle nostre certezze di oggi, ma a quello che ci dirà il domani e ai messaggi che ci giungono dal passato.